Camminavamo l’uno accanto all’altra, era sera inoltrata, le strade erano piene di trabocchetti, mentre l’asfalto rilasciava ancora il calore accumulato durante la giornata, avevo perso il senso dell’orientamento; non che ne avessi mai avuto molto a dire il vero. Lui era del posto quindi non me ne preoccupavo più di tanto.
Restammo in silenzio, mente l’odore delle ginestre continuava a solleticarmi il naso.

I vestiti avevano finito da poco di starci appiccicati addosso come carta moschicida e non avevo molta voglia di bighellonare.
Poi mi prese la mano, facendomi percorrere una stradina secondaria, fino ad arrivare ad un pontile di legno, che dava sul mare.


Mi tolsi le scarpe, lo vidi sorridere grazie alla luce della luna. Intanto sullo sfondo una piccola orchestrina aveva iniziato a suonare delle canzoni popolari. Adesso ero io che prendevo la mano a lui.


Ci sedemmo vicini.
“Sai a volte faccio un gioco.”
“Che gioco è?”
“Cerco di fissare un istante nella mia testa per sempre, ma non un istante qualunque.”
“E come deve essere un istante?”
“Come questo.”

Acquerelli su carta/Ink on paper

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